Agrigento, truffe a medici e infermieri: tre condanne
Il Tribunale di Agrigento, presieduto da Antonina Sabatino, ha condannato tre persone protagoniste di una serie di truffe perpetrate ai danni di medici ed infermieri dell’ospedale S. Giovanni di Dio di Agrigento. Sette anni di carcere sono stati inflitti a Pietro Marchica, 4 anni a Giuseppe Messina, medico in servizio presso l’ospedale di contrada Consolida, 3 anni a Salvatore Cefalù. Il Tribunale ha riconosciuto che i tre erano responsabili, oltre ai reati di truffa e falso, anche di associazione per delinquere. Accolte in pieno le richieste del pubblico ministero Santo Fornasier e del legale di parte civile Giuseppe Arnone, che rappresentava le tre vittime delle truffe. La vicenda, nella sua gravità penale, presenta aspetti per certi versi anche “divertenti”, tant’è che sia il pm che l’avvocato Arnone hanno richiamato nelle loro conclusioni la cinematografia italiana ispirata alle truffe. In particolare, Arnone ha paragonato il Marchica al grande Totò e il Messina a Peppino De Filippo, impegnati a vendere la Fontana di Trevi. Ecco i fatti accertati dal Tribunale, dopo un processo iniziato nel 2008 a seguito della denunzia di un medico e di due infermieri, tutti assistiti dall’avvocato, Giuseppe Arnone: il Marchica fingeva di essere un alto funzionario del Tribunale di Agrigento, incaricato per la vendita di automezzi, motocicli, ville e case collegati a procedure fallimentari. Per convincere i truffati della bontà della sua qualificazione, il Marchica si era pure dotato di carta intestata del Tribunale, con cui rilasciava le ricevute. Il Cefalù era semplicemente un “collaboratore esecutivo” del Marchica. Di ben altro rilievo era invece il ruolo del Messina, dirigente medico ospedaliero: il Messina si accompagnava nei locali dell’ospedale con il Marchica, presentava lo pseudo funzionario del Tribunale alle potenziali vittime, convincendo queste ultime ad acquistare, appunto, auto, moto e immobili a prezzi estremamente convenienti per le quali occorreva però pagare immediatamente un congruo anticipo. Nel corso del dibattimento, sono emersi particolari molto “divertenti” che riguardano il ruolo proprio del Messina, “garante” della serietà del Marchica: ad una dottoressa veniva proposto l’acquisto di una villa sul mare a Porto Empedocle e la vittima veniva accompagnata sui luoghi a vedere l’immobile che, però, era regolarmente chiuso. Veniva spiegato che la villa era ancora “sigillata” dagli uffici fallimentari, per cui non si avevano a disposizione le chiavi. Ma il dottore Messina, per meglio illustrare i pregi dell’immobile, come se nulla fosse, scavalcava la recinzione e dall’interno della proprietà decantava la bontà dell’acquisto per il quale occorrevano immediatamente 22.000 euro di acconto. In un altro caso, per convincere la “riottosa” vittima, si spiegava che per un errore informatico, una splendida “Volvo” già super scontata a soli 7.000 euro, aveva subito un ulteriore ribasso e la si poteva ottenere per soli 4.500, purchè si procedesse all’acquisto in giornata, prima che il sistema informatico correggesse l’errore. L’aspirante acquirente della Volvo, dopo avere versato le somme richieste, non vedendosi consegnare l’autovettura, iniziò a pressare il dott. Messina che – per tranquillizzare la vittima – rispondeva che aveva già visto l’auto a Termini Imerese, era proprio splendida, aveva addirittura i sedili in pelle e ritardava ad arrivare per un problema burocratico. Invitava la vittima a recarsi assieme a vederla a Termini Imerese, ma ogni volta il Messina rinviava la partenza. Le indagini hanno poi appurato che gli assegni incassati dal “funzionario del Tribunale” Marchica venivano immediatamente suddivisi tra il Marchica e il Messina: quest’ultimo non si fidava di fare incassare al primo le intere somme provento delle truffe. “Divertente” pure l’evento che ha fatto scoprire alle persone truffate di essere tali: un bel giorno un quotidiano ha pubblicato in bella evidenza la foto del pregiudicato Marchica, che era stato appena arrestato per detenzione di arma da guerra. E così le ignare vittime scoprono che l’elegante “funzionario del Tribunale” che quotidianamente girava a braccetto del Marchica con la lista delle automobili da vendere e i relativi prezzi, era invece un pericoloso pregiudicato. Oltre alle tre persone assistite dall’avvocato Arnone, si è costituito in giudizio anche un quarto infermiere, assistito dall’avvocato Giovanni Crosta. Tra i truffati vi era anche l’ex amministratore dell’Ospedale D’Antoni, che però – probabilmente in relazione alla sua autorevolezza e al suo potere – ha “convinto” il Messina a rimediare alla fregatura truffaldina che gli avevano comminato. Ovviamente i tre imputati sono stati condannati a risarcire integralmente le persone truffate e costituite in giudizio, mentre altre vittime hanno ritenuto di non proporre la costituzione di parte civile.
Il Tribunale di Agrigento, presieduto da Antonina Sabatino, ha condannato tre persone protagoniste di una serie di truffe perpetrate ai danni di medici ed infermieri dell’ospedale S. Giovanni di Dio di Agrigento. Sette anni di carcere sono stati inflitti a Pietro Marchica, 4 anni a Giuseppe Messina, medico in servizio presso l’ospedale di contrada Consolida, 3 anni a Salvatore Cefalù. Il Tribunale ha riconosciuto che i tre erano responsabili, oltre ai reati di truffa e falso, anche di associazione per delinquere. Accolte in pieno le richieste del pubblico ministero Santo Fornasier e del legale di parte civile Giuseppe Arnone, che rappresentava le tre vittime delle truffe. La vicenda, nella sua gravità penale, presenta aspetti per certi versi anche “divertenti”, tant’è che sia il pm che l’avvocato Arnone hanno richiamato nelle loro conclusioni la cinematografia italiana ispirata alle truffe. In particolare, Arnone ha paragonato il Marchica al grande Totò e il Messina a Peppino De Filippo, impegnati a vendere la Fontana di Trevi. Ecco i fatti accertati dal Tribunale, dopo un processo iniziato nel 2008 a seguito della denunzia di un medico e di due infermieri, tutti assistiti dall’avvocato, Giuseppe Arnone: il Marchica fingeva di essere un alto funzionario del Tribunale di Agrigento, incaricato per la vendita di automezzi, motocicli, ville e case collegati a procedure fallimentari. Per convincere i truffati della bontà della sua qualificazione, il Marchica si era pure dotato di carta intestata del Tribunale, con cui rilasciava le ricevute. Il Cefalù era semplicemente un “collaboratore esecutivo” del Marchica. Di ben altro rilievo era invece il ruolo del Messina, dirigente medico ospedaliero: il Messina si accompagnava nei locali dell’ospedale con il Marchica, presentava lo pseudo funzionario del Tribunale alle potenziali vittime, convincendo queste ultime ad acquistare, appunto, auto, moto e immobili a prezzi estremamente convenienti per le quali occorreva però pagare immediatamente un congruo anticipo. Nel corso del dibattimento, sono emersi particolari molto “divertenti” che riguardano il ruolo proprio del Messina, “garante” della serietà del Marchica: ad una dottoressa veniva proposto l’acquisto di una villa sul mare a Porto Empedocle e la vittima veniva accompagnata sui luoghi a vedere l’immobile che, però, era regolarmente chiuso. Veniva spiegato che la villa era ancora “sigillata” dagli uffici fallimentari, per cui non si avevano a disposizione le chiavi. Ma il dottore Messina, per meglio illustrare i pregi dell’immobile, come se nulla fosse, scavalcava la recinzione e dall’interno della proprietà decantava la bontà dell’acquisto per il quale occorrevano immediatamente 22.000 euro di acconto. In un altro caso, per convincere la “riottosa” vittima, si spiegava che per un errore informatico, una splendida “Volvo” già super scontata a soli 7.000 euro, aveva subito un ulteriore ribasso e la si poteva ottenere per soli 4.500, purchè si procedesse all’acquisto in giornata, prima che il sistema informatico correggesse l’errore. L’aspirante acquirente della Volvo, dopo avere versato le somme richieste, non vedendosi consegnare l’autovettura, iniziò a pressare il dott. Messina che – per tranquillizzare la vittima – rispondeva che aveva già visto l’auto a Termini Imerese, era proprio splendida, aveva addirittura i sedili in pelle e ritardava ad arrivare per un problema burocratico. Invitava la vittima a recarsi assieme a vederla a Termini Imerese, ma ogni volta il Messina rinviava la partenza. Le indagini hanno poi appurato che gli assegni incassati dal “funzionario del Tribunale” Marchica venivano immediatamente suddivisi tra il Marchica e il Messina: quest’ultimo non si fidava di fare incassare al primo le intere somme provento delle truffe. “Divertente” pure l’evento che ha fatto scoprire alle persone truffate di essere tali: un bel giorno un quotidiano ha pubblicato in bella evidenza la foto del pregiudicato Marchica, che era stato appena arrestato per detenzione di arma da guerra. E così le ignare vittime scoprono che l’elegante “funzionario del Tribunale” che quotidianamente girava a braccetto del Marchica con la lista delle automobili da vendere e i relativi prezzi, era invece un pericoloso pregiudicato. Oltre alle tre persone assistite dall’avvocato Arnone, si è costituito in giudizio anche un quarto infermiere, assistito dall’avvocato Giovanni Crosta. Tra i truffati vi era anche l’ex amministratore dell’Ospedale D’Antoni, che però – probabilmente in relazione alla sua autorevolezza e al suo potere – ha “convinto” il Messina a rimediare alla fregatura truffaldina che gli avevano comminato. Ovviamente i tre imputati sono stati condannati a risarcire integralmente le persone truffate e costituite in giudizio, mentre altre vittime hanno ritenuto di non proporre la costituzione di parte civile.