Campania. Tribunale dà il via libera ai pignoramenti nelle Asl
Le Asl non possono usufruire della normativa sulla sospensione delle azioni esecutive se non hanno predisposto e depositato il piano di pagamento dei debito previsto dalla legge per il blocco dei pignoramenti. Lo ha deciso, in data 11 luglio, il Tribunale di Napoli, sez. dist. Pozzuoli, giudice unico Lepre, sottolineando come il blocco dei pignoramenti per le Asl sia in contrasto con i principi comunitari della libera concorrenza.
12 LUG - Una sentenza che rischia di mettere in ginocchio le Asl campane. Il Tribunale di Napoli, infatti, con sentenza dell’11 luglio pubblicata sul sito mondogiuridico.com, ha stabilito la non operatività della sospensione del blocco dei pignoramenti nei confronti delle Asl. La principale ragione è che in Campania manca la ricognizione dettagliata sui debiti, requisito previsto dalla legge 220/2010 che fa riferimento alla legge 122/2010 per la sospensione delle azioni esecutive nei confronti delle Asl. “La suddetta normativa, infatti - si legge nella sentenza -, non ha lo scopo di consentire alle Asl di non pagare atteso che di certo non cancella né estingue i crediti costituenti oramai diritti quesiti; la sospensione delle azioni esecutive ha, invece, lo scopo opposto di agevolare gli adempimenti, consentendo alle aziende sanitarie di riorganizzarsi a fronte delle numerose azioni giudiziarie intraprese nei loro confronti in questi anni, riorganizzazione funzionale evidentemente proprio al pagamento dei debiti residui. A tal fine, del resto, la disposizione specifica che i pignoramenti “non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalità istituzionali dei predetti enti, delle somme agli stessi trasferite”: ciò si spiega, del resto, col fatto che - pendente la sospensione delle azioni esecutive - in tutta evidenza le aziende devono poter utilizzare le varie rimesse finanziarie per il raggiungimento delle finalità istituzionali, tra cui rientra certamente e prioritariamente il pagamento dei debiti. Ecco, quindi, che si spiega definitivamente la previsione della necessità della ricognizione e pianificazione dei debiti e dei relativi pagamenti”.
Non solo. Secondo il giudice, la normativa sulla sospensione dei pignoramenti nei confronti delle Asl è sostanzialmente in contrasto con i principi comunitari della libera concorrenza dal momento che le Asl, oltre a non poter fallire per espressa esclusione normativa in quanto ente pubblico, no possono neppure essere sottoposte ad azioni esecutive da parte dei creditori, a differenza di quanto accada per gli imprenditori sanitari privati accreditati, sottoposti ai fallimenti e alle azioni esecutive. Inoltre, le Asl, oltre ad essere erogatori di servizi, sono anche erogatori dei fondi . “La legge – si legge nella sentenza - evita che l’Asl di fatto paghi i suoi concorrenti, contribuendo, così, potenzialmente a determinare crisi e difficoltà economiche ai propri diretti competitori”.
È evidente poi, secondo il giudice, che la normativa compromette anche gli investimenti di capitale nel nostro Paese, perché gli imprenditori saranno dissuasi dall’ investire capitali o insediare stabilimenti produttivi sanitari in Regioni che beneficiano di leggi di favore, atteso che difficilmente vorrebbero fare affari con Asl che poi rifiutano di pagare legittimate da leggi "ad aziendam".
Ma “l'irragionevolezza” della legge, secondo il giudice, consiste anche nel fatto che il mancato pagamento da parte delle Asl resta comunque un illecito e, di conseguenza, quando finirà la sospensione delle azioni esecutive, le Asl dovranno restituire non solo il capitale e gli interessi ma anche tutti i danni. In particolare, in presenza di cosiddette transazioni commerciali, dovranno addirittura restituire gli. interessi europei ex dlgs 231/2002 per evitare che il debitore si finanzi sulle spalle del creditore: in pratica, le Asl avrebbero potuto fare un mutuo con le banche e pagare ad esempio quel denaro il 5% di interessi; invece, al creditore dovranno dare il capitale e poi il tasso di interesse che è molto più di quel 5%, oltre tutti gli altri danni.
Per tutte queste ragioni il Tribunale di Napoli, chiamato a pronunciarsi sul caso della Asl NA 2 Nord, ha disposto l'invio degli atti alla Corte dei Conti perché valuti la correttezza, ai fini dell'esistenza di un danno erariale, dei responsabili della Asl NA 2 Nord che “perdura nella morosità, vanificando l’obiettivo di razionalizzazione e di contenimento della spesa perseguita dall’art. 1, comma 51, l. n. 220/2010” ed espone l’Asl Na 2 Nord “al rischio quanto mai concreto di dover gli interessi di cui al decreto legislativo n. 231/2002 e di dover risarcire gli eventuali danni subiti e pretesi dai creditori insoddisfatti, rischi ancora maggiori ove si consideri che, come detto, rientra nel notorio il fatto che l’azienda sanitaria continua a non pagare anche gli altri creditori, come confermato dal continuo deposito di procedure monitorie presso la sezione distaccata di Pozzuoli del Tribunale di Napoli”.
Le Asl non possono usufruire della normativa sulla sospensione delle azioni esecutive se non hanno predisposto e depositato il piano di pagamento dei debito previsto dalla legge per il blocco dei pignoramenti. Lo ha deciso, in data 11 luglio, il Tribunale di Napoli, sez. dist. Pozzuoli, giudice unico Lepre, sottolineando come il blocco dei pignoramenti per le Asl sia in contrasto con i principi comunitari della libera concorrenza.
12 LUG - Una sentenza che rischia di mettere in ginocchio le Asl campane. Il Tribunale di Napoli, infatti, con sentenza dell’11 luglio pubblicata sul sito mondogiuridico.com, ha stabilito la non operatività della sospensione del blocco dei pignoramenti nei confronti delle Asl. La principale ragione è che in Campania manca la ricognizione dettagliata sui debiti, requisito previsto dalla legge 220/2010 che fa riferimento alla legge 122/2010 per la sospensione delle azioni esecutive nei confronti delle Asl. “La suddetta normativa, infatti - si legge nella sentenza -, non ha lo scopo di consentire alle Asl di non pagare atteso che di certo non cancella né estingue i crediti costituenti oramai diritti quesiti; la sospensione delle azioni esecutive ha, invece, lo scopo opposto di agevolare gli adempimenti, consentendo alle aziende sanitarie di riorganizzarsi a fronte delle numerose azioni giudiziarie intraprese nei loro confronti in questi anni, riorganizzazione funzionale evidentemente proprio al pagamento dei debiti residui. A tal fine, del resto, la disposizione specifica che i pignoramenti “non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalità istituzionali dei predetti enti, delle somme agli stessi trasferite”: ciò si spiega, del resto, col fatto che - pendente la sospensione delle azioni esecutive - in tutta evidenza le aziende devono poter utilizzare le varie rimesse finanziarie per il raggiungimento delle finalità istituzionali, tra cui rientra certamente e prioritariamente il pagamento dei debiti. Ecco, quindi, che si spiega definitivamente la previsione della necessità della ricognizione e pianificazione dei debiti e dei relativi pagamenti”.
Non solo. Secondo il giudice, la normativa sulla sospensione dei pignoramenti nei confronti delle Asl è sostanzialmente in contrasto con i principi comunitari della libera concorrenza dal momento che le Asl, oltre a non poter fallire per espressa esclusione normativa in quanto ente pubblico, no possono neppure essere sottoposte ad azioni esecutive da parte dei creditori, a differenza di quanto accada per gli imprenditori sanitari privati accreditati, sottoposti ai fallimenti e alle azioni esecutive. Inoltre, le Asl, oltre ad essere erogatori di servizi, sono anche erogatori dei fondi . “La legge – si legge nella sentenza - evita che l’Asl di fatto paghi i suoi concorrenti, contribuendo, così, potenzialmente a determinare crisi e difficoltà economiche ai propri diretti competitori”.
È evidente poi, secondo il giudice, che la normativa compromette anche gli investimenti di capitale nel nostro Paese, perché gli imprenditori saranno dissuasi dall’ investire capitali o insediare stabilimenti produttivi sanitari in Regioni che beneficiano di leggi di favore, atteso che difficilmente vorrebbero fare affari con Asl che poi rifiutano di pagare legittimate da leggi "ad aziendam".
Ma “l'irragionevolezza” della legge, secondo il giudice, consiste anche nel fatto che il mancato pagamento da parte delle Asl resta comunque un illecito e, di conseguenza, quando finirà la sospensione delle azioni esecutive, le Asl dovranno restituire non solo il capitale e gli interessi ma anche tutti i danni. In particolare, in presenza di cosiddette transazioni commerciali, dovranno addirittura restituire gli. interessi europei ex dlgs 231/2002 per evitare che il debitore si finanzi sulle spalle del creditore: in pratica, le Asl avrebbero potuto fare un mutuo con le banche e pagare ad esempio quel denaro il 5% di interessi; invece, al creditore dovranno dare il capitale e poi il tasso di interesse che è molto più di quel 5%, oltre tutti gli altri danni.
Per tutte queste ragioni il Tribunale di Napoli, chiamato a pronunciarsi sul caso della Asl NA 2 Nord, ha disposto l'invio degli atti alla Corte dei Conti perché valuti la correttezza, ai fini dell'esistenza di un danno erariale, dei responsabili della Asl NA 2 Nord che “perdura nella morosità, vanificando l’obiettivo di razionalizzazione e di contenimento della spesa perseguita dall’art. 1, comma 51, l. n. 220/2010” ed espone l’Asl Na 2 Nord “al rischio quanto mai concreto di dover gli interessi di cui al decreto legislativo n. 231/2002 e di dover risarcire gli eventuali danni subiti e pretesi dai creditori insoddisfatti, rischi ancora maggiori ove si consideri che, come detto, rientra nel notorio il fatto che l’azienda sanitaria continua a non pagare anche gli altri creditori, come confermato dal continuo deposito di procedure monitorie presso la sezione distaccata di Pozzuoli del Tribunale di Napoli”.