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Vediamo se riesci a tirare fuori qualcosa da qui almeno per cominciare il tuo argomento di interesse.
Corso Avanzato di Monitoraggio Emodinamico
MEMO 2010”Il Corso è il risultato di una esperienza clinica venticinquennale e concerne il
monitoraggio emodinamico applicato in ambienti intensivi quali sale operatorie,
emergency rooms, terapie postoperatorie, rianimazioni, unità coronariche. Per
ottenere la massima efficacia il Corso è limitato a pochi iscritti
Il Corso tratta la funzione sistolica e diastolica del cuore sinistro e destro, i
parametri che ne condizionano la performance ed i sistemi più diffusi di
monitoraggio emodinamico. La funzione sistolica dipende da preload, afterload
e contrattilità. Viene definito come preload il carico imposto al muscolo prima
della contrazione; rappresenta lo stretching delle fibre che determina poi l'entità
della risposta contrattile. Nel ventricolo considerato in toto viene identificato
come preload il volume telediastolico (EDV). Tale dato può essere ottenibile in
maniera diretta tramite TEE oppure, più comunemente si usa la corrispondente
pressione telediastolica ventricolare , assunta una distensibilità ventricolare
normale. Ma la compliance è un dato dinamico che può modificarsi anche
rapidamente in relazione a condizioni fisiopatologiche del miocardio (es:
ischemia) per cui non sempre EDP è un corretto indicatore di EDV.
La riserva di precarico è il lavoro miocardico addizionale che si può reclutare
aumentando la lunghezza della fibra muscolare ( o il volume telediastolico
ventricolare). Il tessuto connettivo all'interno del muscolo cardiaco combinato
con la presenza del pericardio limitano l'allungamento del sarcomero fino a 2.5
mM (L-max). Oltre questo limite si assite ad una diminuzione della forza
sviluppata come risultato della distruzione tissutale nel muscolo isolato e di
ischemia subendocardica (elevato diastolic wall stress) in vivo. In vivo il limite
alla riserva di precarico è dato anche dall'entità del ritorno venoso disponibile
(volemia + tono vascolare).
L'afterload viene definito, nel muscolo isolato, come la forza che il muscolo deve
sviluppare , oltre il preload, prima di accorciarsi. Nel ventricolo il concetto di
afterload comprende pressione ventricolare e volume ventricolare riuniti nel
termine wall stress (pressione ventricolare x raggio ventricolare/ spessore
parietale). Il wall stress è la componente principale dell'afterload fintanto che
non inizia l'eiezione ventricolare; infatti la pressione aortica diastolica è indicata
come stimatore adeguato dell'afterload. Lo stress viene definito come la forza
applicata su una unità di sezione trasversa di parete ventricolare; le forze in
gioco sono di tipo circonferenziale, meridionale e radiale.
Lo stress, a differenza della tensione, tiene conto dello spessore della parete,
che agisce come fattore riducente; aumenta lo stress nel ventricolo dilatato
acutamente, nell'ipertensione arteriosa, dimuisce nell'ipertofia ventricolare.
Non appena la valvola aortica si apre il wall stress declina, per diminuzione del
volume ventricolare ed aumento della spessore della parete durante
l'accorciamento delle fibre, per cui il fattore più importante che rimane in gioco è
l'impedenza all'eiezione della gittata sistolica, a sua volta determinata
dall'accoppiamento ventricolo-arterioso.
L'impedenza è il quoziente tra pressione e flusso (P/Q) ad una data frequenza;
la impedenza a frequenza zero, cioè a flusso continuo non pulsatile, viene
definita resistenza. Le resistenze sistemiche sono dunque una grossolana
semplificazione dell'afterload in quanto ne definiscono solo una
sottocomponente; sottostimano le riduzioni farmacologiche del postcarico e
sovrastimano gli incrementi.
La relazione P/V ventricolare a fine sistole è definita end-systolic elastance
(Ees), la medesima calcolata a livello vascolare viene definita come effective
elastance (Ea ): definisce l'afterload prendendo in considerazione LV ed albero
arterioso non in fase dinamica ma in un preciso momento del ciclo cardiaco. Si
basa sul concetto che per ogno bolo di sangue eiettato (SV) in aorta viene
generata una pressione corrispondente. Il valore, espresso in mmHg/ml, si
ottiene dividendo la ESP (dicrotic notch pressure) per SV.
L'eiezione di un ventricolo normale non è influenzata molto dall'afterload in un
normale range di pressione arteriosa; il ventricolo esibisce una regolazione
eterometrica o omeometrica. Nell'eterometrica all'incremento dell'afterload
segue un aumento del volume telediastolico (riserva di precarico),
nell'omeometrica (effetto Anrep) all'incremento dell'afterload segue un
incremento diretto della contrattilità con normalizzazione di pressione e volume
telediastolici.
Invece nel caso di un ventricolo insufficiente lo SV può essere ridotto
drammaticamente da un incremento del postcarico. Si definisce preloadafterload
mismatch un incremento dell'afterload non seguito da un incremento
compensatorio del preload (reserve).
Il vigore della contrazione cardiaca non dipende solo da preload e afterload ma
anche da uno strano e mistico concetto chiamato contrattilità, definibile come la
quantità di lavoro che il cuore può svolgere ad un determinato carico. E'
dipendente da caratteristiche intrinseche del muscolo cardiaco ed è dipendente
dalla disponibilità di calcio citosolico. E' modificabile da farmaci e da varie
condizioni cliniche. E' inoltre di difficile quantificazione anche se i modelli
proposti sono numerosi, ma risentono in qualche modo della variazione del
carico applicato.
Il dp/dt è la derivata prima della pressione misurata in continuo durante la sistole
isovolumetrica; il suo valore massimo (Peak) è proporzionale alla contrattilità. E’
dipendente dal precarico; può essere misurato con cateteri endoventricolari con
tip transducers. Se ne può impiegare un mirror, il dp/dt aortico, meno accurato
ma otttenibile clinicamente.
La frazione di eiezione è il quoziente tra SV e EDV ed informa sul valore in
percentuale della quota eiettata; è dipendente dal postcarico e non sempre
informa del veritiero andamento contrattile. L'esempio dimostra due contrazioni
con analoga EF, analogo preload ma con differenti carichi di lavoro,
evidenziabili invece dalla diversa Ea (effective elastance). Il TEE è la metodica
clinica più impiegata per la misurazione bedside di EF.
Un approccio di quantificazione della contrattilità è stato teorizzato da Suga e
Sagawa con la relazione P/V a fine sistole (ESPVR); tale indice è ottenuto
misurando mediante un catetere ad induttanza battiti cardiaci sequenziali in cui
viene rapidamente variato il preload. La retta che unisce i vari punti di ESPVR
viene definita End Systolic Elastance (Ees) e si modifica in maniera
proporzionale alla contrattilità. Elastanza è il reciproco della compliance ed è
sinonimo di stiffness; si immagina il progressivo indurirsi ed inspessirsi del VS
durante la contrazione mentre finalmente imprime energia allo SV.
Un'applicazione clinica prevede l'impiego della relazione tra ESP (dicrotic notch
pressure) ed il diametro ventricolare, valutato ecocardiograficamente.
La diastole appare come una diminuzione della pressione ventricolare seguita
da un aumento del volume ventricolare. La prima fase è quella del
rilasciamento isovolumetrico con rapida caduta della pressione ventricolare
senza modificazione di volume; tale rilasciamento è un processo in realtà attivo,
richiedente una quota energetica, dovuto all'inattivazione dei ponti actinamiosina
ed è quello interessato in caso di ischemia ed alterazione della funzione
diastolica (demand ischemia). Quando la pressione atriale eccede quella
ventricolare si apre la valvola a-v ed inizia la fase di riempimento rapido (E), con
aumento di volume e normalmente in misura minima, di pressione fino a
raggiungere un valore massimo a fine diastole, quando interviene la contrazione
atriale (A). La relazione end diastolic V/P è un indicatore della compliance
ventricolare, la quale viene influenzata da fattori intrinseci ed estrinseci.
Anormalità nella funzione diastolica possono essere evidenziabili prima
dell'interessamento della funzione sistolica ed essere da solo responsabili di
sintomi di CHF. La disfunzione diastolica viene definita come una ridotta
capacità di ricevere sangue senza un incremento compensatorio della
pressione telediastolica. L'ipertensione cronica è forse la causa più comune di
disfunzione diastolica intrinseca.
La diagnosi ecocardiografica di una ridotta funzione diastolica si basa sulla
riduzione o scomparsa della fase di riempimento rapido (passivo) e permanenza
della quota dipendente dall'atrial kick (A) (reversal normal E/A ratio), che
corrisponde sul polso PAWP ad una onda a prominente. Normalmente il
rapporto E/A registrato sul flusso transmitralico è >1.0.
Con l'aumentare dell'età si assiste ad un graduale decremento della rapidità del
rilasciamento miocardico e del recoil elastico con il risultato di un rallentamento
della riduzione della pressione ventricolare sinistra ed un rallentamento del
riempimento. Ecograficamente l'onda A aumenta con l'età; a 65 anni la velocità
di E uguaglia quella di A mentre oltre i 70 anni il rapporto E/A è inferiore a 1.
I pattern progressivi di disfunzione diastolica sono:
a. anormalità del rilasciamento : maggiore di quella attesa per l'età, con
riduzione della velocità di E, aumento della velocità di A, rapporto E/A <1,
DT prolungato
b. pseudonormalizzazione: E/A ratio 1-1,5; DT normale, determinata
dall'effetto di un incremento della pressione atriale sinistra su un
miocardio con anormalità del rilasciamento. La manovra di Valsalva,
riducendo il precarico e dunque il contributo atriale, può smascherare la
disfunzione, determinando un decremento del rapporto E/A
c. ridotta compliance ( restrictive filling) : il notevole e progressivo incremento
della pressione atriale sinistra comporta un gradiente elevato con un
precoce apertura della valvola mitrale e elevata velocità di E. Il
riempimento precoce in un LV poco compliante comporta una rapida
equalizzazione delle pressione LA LV riducendo DT. La velocità di A e la
sua durata sono ridotte a causa della rapidità con cui si incrementa la
pressione LV. E/A 2-5.
Un'altra importante causa di disfunzione diastolica è quella secondaria ad un
evento ischemico; si verificano alcune modificazioni quali il creep (analogo al
termine ingegneristico che descrive la deformazione plastica del moplen
sottoposto ad uno stress costante; è l'incremento nella lunghezza telediastolica
non stressata della fibra muscolare con conseguente shift di tutta la curva P/V
verso destra ma con aumentata ripidità e di fatto ridotta compliance diastolica
istantanea), l'incremento volumetrico ventricolare e l'aumento della stiffness, il
ritardo nell'inizio dell'allungamento e della sua ridotta velocità.
Diverso è il comportamento del cuore destro. Il ventricolo destro può essere
suddiviso in due regioni: inflow e outflow tracts, separati da una regione
muscolare chiamata crista supraventricularis. Questa integra gli eventi meccanici
durante la sistole in modo da restringere l’orifizio tricuspidalico (sphynter like
action). Anche in assenza di dilatazione dell'anulus tricuspidalico un lieve rifurgito
è presente nella metà dei soggetti normali. Pattern e timing della contrazione
nelle due regioni sono differenti: la contrazione dell’inflow tract (sinus) avviene
prima, in modo da risultare una azione peristaltica totale, iniziata dalla
contrazione atriale destra; la contrazione dell’outflow (conus) è più tardiva ma più
duratura (asincronismo sinus-conus). Tale differenza è sostenuta dalla più
massiccia presenza di fibre del Purkinje nell’inflow tract. Le due regioni, di
diversa derivazione embriologica, rispondono in maniera differente agli inotropi:
l’outflow tract è maggiormente sensibile, forse come meccanismo protettivo da
regimi pressori elevati per l’albero vascolare polmonare. La parete libera del
ventricolo destro ha una limitata potenza muscolare per cui l'effettivo lavoro è
svolto in maggioranza dal setto interventricolare che condiziona in maniera
preponderante la funzione sistolica del RV. La posizione del setto è in relazione
al gradiente transettale durante l'intero ciclo cardiaco. L'eiezione del RV continua
dopo il raggiungimento della pressione di picco.
La maggiore distensibilità del ventricolo destro lo rende in grado di accomodare
elevati incrementi di volume senza grosse variazioni di pressione; infatti è una
efficiente volume displacement pump. In pieno esercizio fisico la pressione
atriale destra raramente raggiunge i 10 mm Hg partendo dai 5 normalmente
registrati a riposo. Ugualmente l’albero vascolare polmonare può sopportare
grandi variazioni di flusso con minime variazioni di pressione reclutando distretti
vascolari non perfusi e sovradistendendo quelli già impiegati. La frazione di
eiezione normale è intorno al 55%.
La struttura muscolare del ventricolo destro lo rende inabile a sostenere
improvvisi incrementi del post carico. Infatti uno dei meccanismi più frequenti per
l’innesco di una insufficienza ventricolare destra è dato dal brusco e repentino
incremento delle resistenze polmonari, combinate con una riduzione della riserva
contrattile ventricolare dx. L’incremento delle PVR comporta un aumento della
tensione della parete libera con incremento del consumo di ossigeno e
scomparsa della componente sistolica del flusso coronarico. Le pressioni RAP e
RVEDP aumentano determinando, insieme con il ridotto flusso in atrio sinistro,
una riduzione del riempimento ventricolare sinistro successiva allo shift del setto
interventricolare (competition). Il risultato generale è una riduzione della gittata
cardiaca (ridotto riempimento di LV a causa dell'afterload mismatch di RV)
(series interaction) e della pressione in aorta con peggioramento dell’ischemia
ventricolare destra.
Il sovraccarico pressorio acuto è deleterio in quanto il ventricolo destro non è in
grado di sostenere acutamente incrementi elevati di pressione; per valori sistolici
imposti acutamente di 50 mm Hg si assiste ad una riduzione quasi a zero
dell’output ventricolare destro (solo pressure work con poco flow work). Le
condizioni cliniche più frequentemente riscontrabili come causa del sovraccarico
pressorio sono: 1) embolia polmonare 2) malattia polmonare cronica ostruttiva 3)
ipertensione polmonare primitiva 4) ARDS 5) stenosi valvolare polmonare 6)
ventilazione a pressione positiva 7) elevata pressione venosa polmonare
dopo
pneumonectomia 9) trapianto cuore-polmoni. Meccanismo favorente o
scatenante è la concomitante riduzione della riseva contrattile ventricolare, come
dopo CPB.
Durante la fase di rilasciamento attivo il RV continua ad eiettare stroke volume
fino a quasi un terzo del suo valore totale; questo spiega il breve rilasciamento
isovolumetrico.
Normalmente RV funziona ad unstressed volume per cui modificazioni di volume
determinano solo variazioni della geometria senza modificazioni di pressione,
dunque in condizioni normali il preload del ventricolo destro non è molto correlato
con RVEDV. La deformabilità del setto e dunque la funzionalità LV
contribuiscono a determinare la funzione diastolica del RV. La legge di Starling
non è dunque univoca per il RV; esiste infatti una famiglia di curve P/V del RV a
seconda dello stato contrattile del LV. Normalmente il pericardio non esercita
alcuna influenza che invece compare negli importanti e rapidi sovraccarichi di
volume: la RVEDP, che riflette abbastanza il precarico, va sempre corretta in
pressione trasmurale (p. camera meno p. iuxta cardiaca).
Un sovraccarico acuto di volume comporta a pericardio integro una riduzione
della distensibilità del ventricolo sinistro; la seconda conseguenza è
l'appiattimento o l'inversione della curva del setto interventricolare con ulteriore
riduzione del riempimento LV. L'ipotensione aortica risultante condiziona la
perfusione coronarica RV.
Un sovraccarico volumetrico si verifica in ASD, VSD (congenito o ischemico),
insufficienza tricuspidalica acuta, insufficienza polmonare.
La CVP è indice anche della funzionalità ventricolare destra e quindi riflette gli
eventi che accadono nell’atrio destro ( RA ) durante il ciclo cardiaco e
respiratorio e si possono considerare equivalenti le curve di pressione che si
ottengono con un catetere posizionato in vena cava o attraverso la porta
prossimale di un catetere posto in arteria polmonare. Il monitoraggio è distinto
dalla misurazione perché ci fornisce informazioni su un processo continuo; le
moderne tecnologie, inoltre, fornendo dei trends di tutte le variabili
emodinamiche, ci permettono un’analisi dettagliata di tutte le curve.
La visione contemporanea delle tracce dell’ECG e della CVP facilita la
comprensione degli eventi che accadono durante il ciclo cardiaco e il loro
significato emodinamico nella curva della CVP.
Spesso si crea confusione quando i termini “sistole” e “diastole” sono usati
liberamente, in quanto la sistole atriale interviene durante la diastole ventricolare
e viceversa. Per semplificare i termini sistole e diastole vengono usati per
descrivere il ciclo ventricolare.
Per un accurato riconoscimento delle componenti della curva della CVP, un
ottimo punto di riferimento è l’onda R del tracciato dell’ECG che sta a significare
la fine della diastole e l’inizio della sistole; è importante ricordare che gli eventi
meccanici appaiono con ritardo rispetto agli eventi elettrici.
La curva normale della CVP consta di cinque eventi fasici, 3 picchi (a-c-v) e 2
depressioni (x-y). La curva a si presenta alla fine della diastole ed è il risultato
della contrazione atriale che aumenta la pressione atriale e fornisce l’"atrial kick”
al riempimento ventricolare attraverso la valvola tricuspide aperta. L’onda a
segue l’onda P dell’ECG. Quando l’atrio comincia a rilassarsi, la pressione
atriale scende; questo declino è interrotto da un nuovo picco di pressione che è
l’onda c. Questo transitorio aumento della pressione atriale è dovuto alla
contrazione isovolumetrica ventricolare che provoca una protrusione della
valvola tricuspide nell’atrio destro. L’onda c segue un po’ l’onda R dell’ECG
poiché è generata dall’inizio della sistole ventricolare.
La pressione atriale continua a scendere durante la sistole ventricolare, in parte
a causa dell’ulteriore rilasciamento atriale e in parte a causa della variazione
della geometria atriale prodotta dalla contrazione ed eiezione ventricolare.
Questa è la x decrescente o collasso sistolico nella pressione atriale.
L’ultimo picco della pressione atriale è l’onda v causata dal riempimento venoso
dell’atrio durante la sistole ritardata, mentre la tricuspide è chiusa. L’onda v
generalmente cade dopo l’onda T dell’ECG. Segue l’onda negativa y o collasso
diastolico determinata dal deflusso del sangue in ventricolo destro che segue
l’apertura della valvola tricuspide.
Quando la frequenza è normale i 3 picchi sono riconoscibili nel tracciato della
CVP. uttavia, durante una tachicardia, le onde a e c possono essere fuse (a-c
monofasica) e x e y decrescenti sono più brevi rendendo l’analisi della curva
molto difficile. Poiché le vene centrali sono localizzate all’interno del torace, la
misurazione della CVP è influenzata dai cambi della pressione intratoracica
durante il ciclo respiratorio.
Se la ventilazione è spontanea, la fase inspiratoria del ciclo crea una pressione
intratoracica negativa; se la ventilazione è a pressione positiva, la fase
inspiratoria del ciclo crea una pressione intratoracica positiva. Queste cicliche
fluttuazioni della pressione intratoracica e pericardica vengono trasmesse in
parte alle camere cardiache causando cambiamenti delle pressioni
intracavitarie. In queste condizioni, quale sarà il valore della CVP da
considerare? Un metodo utile è quello di effettuare la misurazione della CVP a
fine espirazione, quando i mucoli della respirazione sono a riposo e la
pressione intratoracica si avvicina a quella atmosferica.
Ulteriore step di monitoraggio emodinamico è posizionamento di un catetere in
arteria polmonare che comporta il passaggio di due camere cardiache e l'arresto
della punta del catetere in un ramo principale dell'arteria polmonare da cui, dopo
il gonfiaggio del palloncino, viene successivamente raggiunta la posizione di
incuneamento. Tale pressione di cuneo riflette, attraverso una lunga catena di
proporzionalità, la pressione esistente all'interno del ventricolo sinistro a fine
diastole (LVEDP), la quale pur con le limitazioni dovute alla relazione P/V, viene
comunemente considerata un indice affidabile di precarico.
L'onda pressoria polmonare ha un valore sistolico , in assenza di lesioni
stenosanti della valvola polmonare, analogo a quello registrabile nel ventricolo
destro, mentre il valore diastolico, in assenza di insufficienza della stessa
valvola, è più elevato; anche l'analisi del contorno del polso diastolico permette
un'agevole differenziazione in quanto durante il riempimento diastolico la
pressione ventricolare destra aumenta mentre quella polmonare diminuisce. E'
possibile spesso osservare sull'onda polmonare, immediatamente dopo l'onda R
dell 'ECG un artefatto sincrono con la chiusura della tricuspide e con l'inizio
della contrazione isovolumetrica ventricolare destra. In relazione al timing della
contrazione ventricolare destra e sinistra, abitualmente, con i normali sistemi di
trasduzione, la traccia pressoria dell'arteria polmonare precede quella arteriosa
sistemica di circa 40 msec. La presenza di un BBS aumenta questo delay
mentre un BBD ribalta la normale successione temporale.
La LVEDP, espressione indiretta di precarico, viene riflessa, in assenza di
lesioni della valvola mitrale, dalla pressione atriale sinistra (LAP) che,
abitualmente viene considerata nel suo valore medio. In realtà l'onda a è il
valore che meglio approssima la LVEDP, dunque una misurazione fasica viene
preferita ad un valore medio. La pressione di cuneo viene considerata una
surrogato della LAP, ma poiché tra le due vi è interposto il letto vascolare
polmonare, in genere occorrono circa 160 msec. per la trasmissione retrograda
delle onde attraverso le vene polmonari, i capillari polmonari, e le arteriole ed
arterie polmonari. Questa trasmissione attraverso un medium variabile comporta
anche un'attenuazione delle componenti fasiche della LAP per cui si può
definire PAWP come un immagine ritardata ed attenuata di LAP. La pressione di
cuneo può anche essere ottenuta, senza gonfiare il palloncino, avanzando la
punta del catetere in un ramo più distale dell'arteria polmonare (tip impaction);
questo metodo utilizzabile per rottura del palloncino (forzatamente) o in caso di
impossibilità di wedging per ipertensione polmonare, riducendo la quota di letto
vascolare interposta, esibisce un minore effetto di delay e damping rispetto a
LAP.
L'onda di cuneo ha generalmente due componenti positive invece di tre (a,v)
come avviene su CVP. L'onda c è di difficile reperimento per tre ragioni: la minor
prominenza della componente fasica nelle sezioni sinistre, il minor intervallo tra
la contrazione atriale e ventricolare (a-c) nelle sezioni sinistre e il damping , che
influisce sulla difficoltà di riconoscimento delle componenti. La traccia di cuneo
esibisce dunque più frequentemente un complesso c-v. Il polso LAP è ritardato
rispetto a CVP per la presenza del nodo SA a destra.
Le onde generate dalla contrazione atrio-ventricolare sinistra e che si
evidenziano su LAP e PAWP, si sommano continuamente a quelle prodotte in
maniera anterograda dalle sezioni destre e vsibili sulla traccia arteriosa
polmonare. Il risultato è un'iscrizione delle componenti fasiche di LAP sulla
curva polmonare che in genere non si evidenziano a meno che la componente
fasica di LAP e PAWP non sia particolarmente evidente.
La misurazione della pressione di cuneo si pone due fondamentali obiettivi: 1)
rilevare la pressione di riempimento del ventricolo sinistro fornisce una stima
accurata della pressione idrostatica presente nei capillari polmonari la quale
costituisce la determinante maggiore nella genesi dell'edema polmonare; in tal
caso il valore medio della pressione di cuneo serve a tal scopo; 2) fornire una
stima accurata del precarico ventricolare sinistro: si impiega in questo caso la
misura della pressione in telediastole, corrispondente alla contrazione atriale
rilevata sull'onda di PAWP. La pressione telediastolica può essere considerata
lo stimolo emodinamico che determina la forza della contrazione ventricolare,
mentre la pressione atriale media è il prezzo emodinamico che l'organismo deve
pagare perché venga prodotto quel dato stimolo; ad esempio il paziente con
rigurgito mitralico paga un prezzo molto più elevato di quello con stenosi aortica
per realizzare lo stesso stimolo LVEDP.
Il monitoraggio si completa con la valutazione della pressione arteriosa
sistemica introducendo però elementi di valutazione più approfonditi in grado di
derivare un gran numero di dati emodinamici.
La morfologia dell'onda pressoria è il risultato della interazione tra caratteristiche
del sistema generatore (cuore), proprietà dell'albero vascolare e sito in cui
viene effettuata la rilevazione. L'analisi del contorno del polso è stato un metodo
proposto e tentato da circa un secolo, per derivare da esso dati di flusso,
contrattilità ed impedenza (Frank,1899). Tutti i metodi proposti presuppongono
comunque la misurazione della pressione aortica centrale, intesa come
pressione dell'aorta ascendente, in quanto in grado di riprodurre fedelmente la
spinta energetica cardiaca e meno interessata dai fenomeni di riflessione delle
onde e dal delay esistente tra centro e periferia dell'albero arterioso. In
particolare vengono eliminati il fenomeno dell'amplificazione sistolica, il ritardo
della comparsa dell'incisura dicrota come pure la riduzione della dicrotic notch
pressure.
Clinicamente la monitorizzazione di una pressione centrale è possibile
posizionando attraverso l'arteria radiale un catetere di una certa lunghezza che
raggiunga almeno l'arteria ascellare, ritenuta come il sito più prossimale dell'arto
superiore in grado di fornire una pressione centrale. Casistiche che convalidano
la sicurezza e l'affidabilità della metodica di cateterismo arterioso centrale
enumerano fino a 10000 casi retrospettivi ; la ns personale esperienza ammonta
a 7645 casi (dic.'97), senza comparsa di complicanze di rilievo.
Nel campo della determinazione del flusso la principale difficoltà incontrata dai
vari Autori è stata quella di tenere conto della variabilità individuale,
dell'imprevedibilità delle modificazioni del diametro diastolico e delle proprietà
viscoelastiche dell'aorta e delle principali arterie. L'impiego delle relazioni tra
distensibilità e velocità di propagazione portarono Frank nel 1930 a identificare
una formula in grado di calcolare lo stroke volume dal polso arterioso,
assumendo l'albero arterioso comportarsi come un sistema chiuso, dotato di
distensibilità conosciuta (WindKessel). Ovviamente questa inappropriatezza
fisiologica comportava errori nella misurazione e successivamente furono
proposte altre formulazioni fino a giungere a Warner il quale, nel 1953, derivò un
metodo che eliminava gli errori dovuti alla variabilità individuale circa le
modificazioni pressione/volume dell'aorta. Questo veniva ottenuto disponendo di
un sistema di taratura di base, attraverso l'uso di un tecnica "gold standard" di
misurazione del flusso, quale la diluizione di un indicatore. La formula risultante
coinvolge due processi di integrazione. L'equazione di Warner è la seguente:
SV=K(Pmd)(1+Sa/Da), dove SV è lo stroke volume, K è un fattore di
proporzionalità identificato mediante una misurazione simultanea con un
metodo indipendente (termodiluizione), Pmd è la "mean distending pressure"
data dalla differenza tra la pressione aortica media degli ultimi 80 msec della
sistole e la pressione aortica media degli ultimi 80 msec della diastole, Sa e Da
sono le aree della porzione sistolica e diastolica della curva.
Tale metodo dimostra risultati eccellenti fintanto che il valore di resistenze
sistemiche (SVR) resta entro il 30% di quello presente al momento della
calibrazione con il metodo indipendente; oltre il 50 % la correlazione non è più
accettabile .
L'affidabilità del metodo trova i suoi limiti particolarmente nel periodo
postoperatorio e durante infusione di catecolamine mentre le variazioni del
volume ematico sembrano avere effetti più trascurabili. L'introduzione della
tecnologia digitale e la maggiore comprensione delle caratteristiche
emodinamiche dell'albero arterioso hanno condotto allo sviluppo, dapprima
sperimentale e successivamente clinico, di "devices" in grado di effettuare
l'analisi del polso arterioso in tempo reale, proponendosi nel monitoraggio
continuo della gittata cardiaca. Il modello "WindKessel" è stato integrato in
modo da considerare le tre principali componenti della opposizione al flusso
ematico in aorta: 1) l'impedenza caratteristica (Zao), intesa come opposizione al
flusso pulsatile; 2) la compliance, intesa come opposizione all'ulteriore
riempimento del vaso; 3) la resistenza al flusso, intesa come drenaggio del
sangue dal sistema arterioso al letto capillare. Il comportamento di tali
componenti non è lineare ed ugualmente il modello matematico costruito per
l'interpretazione del polso arterioso risulta essere un modello a tre-elementi non
lineare, variabile nel tempo (Modelflow). L'impedenza caratteristica e la
compliance sono dipendenti dalla sezione aortica la quale presenta una
variabilità del 30% per cui, pur introducendo nella formula correttivi riguardanti il
sesso, l'età e la pressione media aortica, risulta sempre necessaria una
calibrazione di base, con un valore assoluto di riferimento di gittata cardiaca. I
risultati confermano l'applicabilità e l'affidabilità del metodo che sembra non
risentire delle modificazioni di frequenza cardiaca, pressione arteriosa e
resistenze sistemiche. Recentemente è stato introdotto sul mercato e nella
pratica clinica un sistema basato su tali presupposti, denominato PICCO
(Pulsion,Muenchen) il quale permette la monitorizzazione continua della gittata
cardiaca con il metodo della contour pulse analysis. Per il corretto
funzionamento richiede il posizionamento di un catetere in arteria femorale ed
una termodiluizione arteriosa di base per la calibrazione.
La corretta identificazione temporale della incisura dicrota, ottenibile attraverso
una traccia di pressione arteriosa centrale permette di estendere l'analisi del
contorno dell'onda a parametri indicativi dello stato contrattile del miocardio. La
contrattilità miocardica è, come noto, un parametro di difficile quantificazione in
vivo anche se la ricerca recente ha proposto numerosi indici al riguardo (EF,
dp/dt, ESPVR). La corrispondenza tra porzione ascendente della curva arteriosa
centrale e la curva ventricolare sinistra permette di calcolare il dp/dt aortico, di
significato analogo al dp/dt ventricolare sinistro.
Un ulteriore possibilità di indagare la contrattilità è data dall'analisi degli intervalli
sistolici (STI), ottenibili con la registrazione contemporanea della traccia
arteriosa centrale e dell'ECG
Il periodo di pre-eiezione (PEP), identificato dall'intervallo tra inizio del QRS e
piede di ascesa della curva arteriosa, è inversamente proporzionale allo stato
contrattile; il tempo di eiezione ventricolare sinistro (LVET), compreso tra la fine
del PEP e l'incisura dicrota, è direttamente proporzionale allo stato contrattile
del miocardio. Il rapporto PEP/LVET è indicativo di buona contrattilità per valori
al di sopra di 0.35. E' possibile anche derivare, con la formula di Garrard, la
frazione di eiezione, calcolata elettromeccanicamente secondo i valori degli
intervalli sistolici [EF=1.125-1.25(PEP/LVET)]. Un altro indice indiretto, descritto
da Diamond, permette, con una correlazione di 0.96, di calcolare il dp/dt
elettromeccanico (pressione diastolica- pressione di cuneo/PEP).
Un ulteriore dato derivabile dall'analisi del contorno dell'onda è la pressione
dell'incisura dicrota, la quale esprime la pressione di fine sistole; il rapporto tra
questo valore e lo stroke volume è indicativo dell' elastanza effettiva del sistema
arterioso, indicatore accurato dell'afterload.
L’analisi delle modificazioni dell’onda arteriosa durante la ventilazione
meccanica permette di esprimere una valutazione del precarico. Il principale
effetto emodinamico dell’aumento della pressione intratoracica è la transitoria
riduzione del riempimento ventricolare destro e successivamente di quello
sinistro con riduzione della pressione arteriosa, denominata dDown (delta
down). Il dDown è misurato come differenza tra la pressione sistolica, rilevata
durante un breve periodo di apnea ed il valore minimo della stessa durante il
ciclo di ventilazione meccanica. Il dDown è un indicatore abbastanza accurato di
ipovolemia o in alternativa di riduzione della compliance toracopolmonare,
impiego di volumi correnti elevati, presenza di air trapping.
Il dDown è preceduto dal dUp che è un incremento della pressione sistolica che
normalmente compare all’inizio dell’insufflazione meccanica del polmone ed è
dovuto ad un transitorio incremento del ritorno venoso polmonare secondario
allo squeezing ematico esercitato dall’incremento della pressione intratoracica.
L’entità del fenomeno dipende dal volume ematico polmonare ed è tanto
maggiore quanta più parte del polmone si trova in zona 3. La differenza totale
tra il valore sistolico minimo e massimo ottenuti durante un ciclo di ventilazione
meccanica viene denominata Systolic Pressure Variation (dDown+dUp). E’
necessario comunque evidenziare quale delle due componenti sia implicata
nella casualità di una elevata SPV; il dDown è una misura della responsività al
riempimento mentre il dUp è una misura dell’aumento dello stroke ventricolare
sinistro. E’ possibile effettuare un test, nei pazienti ventilati meccanicamente,
modificando in 4 atti respiratori successivi e contigui la pressione di ciclaggio,
ogni volta, di 10 cm d’acqua. Normalmente volumi tidal elevati comportano una
riduzione più marcata del ritorno venoso e dunque dello stroke ventricolare
sinistro e della pressione sistolica. La pendenza della linea che congiunge i 4
valori minimi di pressione sistolica esprimerà, se molto ripida, una situazione di
ipovolemia, se invece quasi piatta, una situazione di ipervolemia e/o
insufficienza cardiaca. In definitiva la corretta monitorizzazione della pressione
arteriosa sistemica permette di raccogliere una serie di informazioni sulle
principali caratteristiche di performance dell’apparato cardiovascolare,
coniugando semplicità di utilizzo, modesta invasività ed analisi on line dei dati.
Non va infine dimenticata l’interferenza della ventilazione sul sitema
cardiovascolare.
Il comportamento dell'unità cardiorespiratoria durante la ventilazione è
determinata da fattori neurali, polmonari, cardiaci e vascolari periferici. La
ventilazione a pressione positiva interagisce in maniera complessa con il
sistema cardiovascolare così da alterare il flusso ematico in maniera a volte
imprevedibile ed influenzare il trasporto di ossigeno indipendentemente dal
contenuto arterioso di ossigeno. Le modificazioni indotte dalla ventilazione
meccanica sono di rilevanza clinica in genere al momento della instaurazione o
modificazione del supporto ventilatorio ed al momento dello svezzamento,
piuttosto che durante la fase di trattamento costante.
La ventilazione altera lo stato cardiovascolare modificando domanda
metabolica, volume polmonare e pressione intratoracica. La ventilazione
spontanea è esercizio; richiede un dispendio energetico, produce CO2 e
diminuisce la pressione intratoracica (ITP) con aumento del volume polmonare.
Durante la inspirazione spontanea la pressione atriale destra diminuisce, il
flusso venoso dal reservoir periferico aumenta e con esso il riempimento
ventricolare e lo stroke volume del ventricolo destro nel battito successivo.
L’incremento massimale del ritorno venoso viene limitato dal collasso dei vasi
cavali nella loro porzione intratoracica quando la ITP diventa molto negativa
(vascular waterfall). Tale meccanismo risulta essere protettivo in caso di
patologia ostruttiva polmonare quando la drastica riduzione della ITP nella fase
inspiratoria potrebbe altrimenti comportare un aumento incontrollato del ritorno
venoso sistemico e dunque un sovraccarico ventricolare destro acuto.
L'incremento fisiologico del volume ventricolare destro durante l'inspirazione
comporta un appiattimento del setto interventricolare e riduzione transitoria della
compliance ventricolare sinistra; tale meccanismo sarebbe il responsabile del
fenomeno del polso paradosso. La ventilazione spontanea è il risultato dello
sforzo dei muscoli respiratori il cui flusso ematico assoluto è costantemente in
eccesso, in presenza di una normale funzione cardiovascolare, rispetto alle
necessità metaboliche anche nelle fasi di massimo esercizio. Le richieste
metaboliche variano dal 5% di O2AV della ventilazione normale fino al 25-30%
in presenza di patologie polmonari che incrementano il lavoro respiratorio
(edema polmonare, broncospasmo…); la coesistenza di una riduzione della
gittata cardiaca e dunque del flusso ematico ai muscoli respiratori induce
ipoperfusione e acidosi lattica.
Gli effetti emodinamici della ventilazione spontanea sono dunque determinati da
modificazioni del volume polmonare e dalla pressione intrapleurica; la principale
differenza tra la ventilazione spontanea e quella meccanica è data dalla
variazione della pressione intrapleurica in direzione opposta durante
l'incremento consensuale del volume polmonare. La pressione intrapleurica non
è comunque uniforme in tutta la cavità toracica né varia uniformemente per ogni
data modifcazione del volume polmonare.
Gli effetti derivanti dalla ventilazione a pressione positiva sono spesso
considerati relativi ai cambiamenti della pressione delle vie aeree (Paw). La
relazione tra Paw e la pressione pleurica (Ppl) e la pressione pericardica (Ppc)
non è comunque fissa, varia da paziente a paziente e dipende dalla compliance
toracica e polmonare. I fattori che in realtà determinano le modificazioni
emodinamiche sono la variazione della ITP e del volume polmonare. In
presenza di riduzione della compliance della gabbia toracica, ad esempio,
l'incremento di Paw comporterà un aumento maggiore di ITP mentre in caso di
riduzione della compliance polmonare il medesimo incremento di Paw
determinerà un minore incremento di ITP con effetti emodinamici inferiori.
L'espansione polmonare comporta un incremento della Ppl della parete laterale,
diaframmatica, iuxtacardiaca e della Ppc, il cui grado è in relazione all'inerzia
opposta dalle strutture circostanti ( parete costale, diaframma, contenuto
addominale, cuore). Poiché il cuore è fisso nella fossa cardiaca la Ppl
iuxtacardiaca aumenta in maniera maggiore che negli altri distretti ed è questa,
se non propriamente la Ppc a determinare i principali effetti emodinamici.
L'aumento del volume polmonare altera sia le resistenze polmonari sia il tono
vasomotore autonomo e per alti volumi polmonari interagisce meccanicamente
con il cuore nella fossa cardiaca.
Tono vasomotore autonomo
La ricca innervazione autonoma del parenchima polmonare rende conto dei
principali effetti riflessi della iperinflazione polmonare (> 15 ml/kg) rappresentati
da una riduzione della frequenza cardiaca e dalla vasodilatazione arteriosa
riflessa.. La vasodilatazione in particolare non risulta essere responsabile di una
depressione significativa della performance cardiovascolare eccetto nei casi di
impiego della high frequency ventilation. Fattori umorali, quali il rilascio di
componenti in grado di bloccare la cicloossigenasi, non sembrano attualmente
di rilevanza clinica.
Resistenze vascolari polmonari
L'effetto di maggiore rilevanza emodinamica durante l'inflazione polmonare è
essenzialmente meccanico, indipendente dalla variazioni della ITP,
estrinsecantesi in alterazioni e del postcarico ventricolare destro e del precarico
biventricolare. Il ventricolo destro e l'arteria polmonare sono entrambi alloggiati
nello stesso compartimento intratoracico per cui variazioni della ITP non
modificano il gradiente esistente tra queste strutture. Viene definita come
pressione transmurale dell'arteria polmonare (t-Ppa) la pressione sistolica
ventricolare destra diminuita della ITP. La t-Ppa può aumentare durante
ventilazione meccanica o per un incremento della LVEDP, come nel caso di
disfunzione ventricolare sinistra o più frequentemente per incremento delle
resistenze vascolari polmonari (PVR). La ventilazione meccanica può modificare
variamente le PVR, determinandone una diminuzione nel caso di incremento
della tensione di ossigeno alveolare, riespansione di alveoli collassati,
correzione di acidosi respiratoria o diminuzione del tono simpatico centrale
oppure determinandone un incremento nel caso di vasocostrizione polmonare
ipossica (sostenuta ed estesa a buona parte del parenchima polmonare) o a
diminuzione della FRC in caso di bassi volumi polmonari.
Le PVR possono essere inoltre modificate dalle variazioni del volume
polmonare indipendentemente dagli effetti su stabilità alveolare e composizione
dei gas alveolari. La circolazione polmonare è costituita, dal punto di vista della
sensibilità alla pressione circostante, da due gruppi di vasi: i vasi alveolari,
allocati nei setti, sensibili alla pressione alveolare ed i vasi extraalveolari, arterie
e vene polmonari di calibro elevato, sensibili alla pressione interstiziale, simile
alla ITP. I vasi extraalveolari sono sottoposti inoltre alle tensioni interstiziali che
contribuiscono a tenerli pervi. A bassi volumi polmonari la trazione radiale
interstiziale diminuisce e con essa il diametro dei vasi e contemporaneo
incremento delle PVR. L'incremento dei volumi polmonari abbastanza al disopra
della FRC determina ugualmente un aumento delle PVR principalmente per
effetto sui vasi alveolari. L'incremento della resistenza offerta dai vasi alveolari
dipende principalmente da due fattori: 1) l'aumento della pressione
transpolmonare (pressione alveolare-ITP) può giungere a livelli tali da eccedere
la pressione endoluminale (transmural Ppa= Ppa-ITP) e determinare il collasso
dei vasi alveolari; 2) l'aumento del volume polmonare determina lo stretching e
la distensione dei setti alveolari comprimendo i capillari alveolari. L'applicazione
della PEEP può incrementare o ridurre le resistenze polmonari a seconda della
situazione volumetrica polmonare di partenza rispetto al volume di riposo.
Interdipendenza ventricolare
L'interazione ventricolare è un processo vitale per l'integrazione della funzione
cardiopolmonare. Si articola principalmente in tre meccanismi: 1) effetti della
distensione di un ventricolo sull'altro (competition), 2) contributo della
contrazione del LV allo sviluppo della pressione ventricolare destra, 3) riduzione
del riempimento LV per riduzione del RV stroke (series interaction).
Quando interviene una alterazione acuta che interessa simultaneamente e allo
stesso modo le quattro camere cardiache, il pericardio funziona da limitatore
mentre quando incrementi acuti di pre o postcarico interessano unilateralmente
un ventricolo, come ad esempio nella embolia polmonare, entrano in gioco nel
determinare la relazione P/V diastolica, oltre al pericardio, meccanismi interni
quali lo shift settale ed esterni come l'impedenza del circolo.
Interazione meccanica cuore-polmone
L'incremento consistente dei volumi polmonari comporta una compressione del
cuore nella fossa cardiaca. La pressione intratoracica iuxtacardiaca può risultare
molto maggiore di quella diaframmatica o della parete laterale del torace in
quanto parete toracica e diaframma vengono spostati dall'espansione
polmonare. Questo comporta un apparente decremento delle compliance
ventricolare sinistra. Takata ha proposto un modello in cui l'interazione
meccanica viene definita "uncoupled" e " coupled" con possibilità di passaggio
da una forma all'altra a seconda della persistenza e dell'entità della
compressione polmonare. Il ventricolo destro è il primo a risentire di una
modificazione del volume polmonare (al di fuori degli effetti sul ritorno venoso) in
quanto la pressione superficiale locale aumenta inizialmente maggiormente
sulle sezioni destre (uncoupled). Se l'iperinflazione è sostenuta l'effetto diventa
coupled con influenza anche sulle sezioni sinistre. Situazioni di quest ultimo tipo
si possono verifica in caso di asma severa o impiego di PEEP eccessiva.
L'incremento del volume biventricolare rende più facile il passaggio da una
forma disaccoppiata ad accoppiata.
Il cuore all'interno del torace è in definitiva una camera di pressione all'interno di
un'altra camera di pressione per cui le variazioni della pressione intratoracica,
indotte dalla ventilazione, delterminano dei gradienti pressori tra le varie
componenti circolatorie indipendentemente dall'attività cardiaca per sé.
Abitualmente in clinica si impiega come indicatore della ITP la pressione delle
vie aeree (Paw); va tenuto comunque presente come questa equivalenza può
non essere vera soprattutto in pazienti con riduzione della compliance
polmonare. In tali casi durante la ventilazione meccanica l'incremento di ITP può
essere inferiore a Paw mentre in ventilazione spontanea la diminuzione di ITP
può essere molto più marcata della variazione di Paw. La disomogenità della
ventilazione, in caso di patologia polmonare, rende questa similitudine ancor più
relativa.
Ritorno venoso sistemico
Il 70 % del volume ematico totale è presente nelle vene e la pressione di questo
reservoir venoso viene definita pressione media sistemica. L’attività principale
del cuore è di mantenere bassa l’atriale destra; più è bassa l'atriale destra
maggiore è il ritorno venoso nel torace. Quando la pressione atriale destra
giunge a zero (p.atmosferica) ulteriori diminuzioni non comportano incrementi di
flusso in quanto all'ingresso nel torace le vene collabiscono costituendo un
meccanismo a valvola che previene l’eccessivo ritorno venoso: vascular
waterfall. Il serbatoio venoso si comporta come una vasca da bagno in cui lo
scarico sia su di un lato anziché sul fondo. Una volta che il livello raggiunge lo
scarico il liquido comincia ad uscire, mentre la quota sottostante lo scarico resta
intrappolata (unstressed volume), pur rappresentando la condizione necessaria
perché l'acqua proveniente dal rubinetto (stressed volume) continui a
raggiungere lo scarico. Ugualmente accade nei vasi sanguigni venosi in cui
esiste una quota di volume necessaria per tenere distesi i vasi ed una altra in
grado di imprimere la pressione necessaria per il ritorno venoso. In condizioni
normali lo stressed è pari al 25 % contro il 75 % del unstressed; questo significa
che esiste una riserva molto grande di unstressed volume che può essere
reclutata come stressed attraverso meccanismi neuroumorali.
La funzione cardiaca ad un certo punto presenta un suo plateau che
sopraggiunge a destra per valori di pressioni non elevate, circa 12 mm Hg. Il
cuore sinistro può eiettare solo ciò che riceve dal destro ed è in questo senso
che il principale determinante della CO è la pressione atriale destra. Questa
rappresenta il fattore determinante nella genesi delle fluttuazioni del gradiente
pressorio per il ritorno venoso sistemico durante la ventilazione. L’atriale sinistra
invece non è espressione della volemia ma della funzionalità ventricolare
sinistra. Il plateau della funzione cardiaca è determinato dal pericardio prima e
se questo è rimosso, dallo scheletro cardiaco. L'effetto netto della ventilazione
sul ritorno venoso può essere in clinica meno evidente: ad esempio
l'applicazione della PEEP, in grado di incrementare la pressione atriale destra ,
determina anche, in virtù del fatto che la maggior parte del reservoir venoso è
localizzato anatomicamente nell'addome, un aumento della pressione sistemica
media lasciando inalterato, nei pazienti almeno normovolemici, il gradiente che
governa il ritorno venoso.
Ventricolo destro
La compliance ventricolare destra è maggiore della compliance pericardica e
probabilmente la lunghezza dei sarcomeri rimane costante durante il
riempimento e la dilatazione ventricolare è più il risultato di modificazioni
geometriche che di stretching delle fibre. La maggiore distensibilità del
ventricolo destro lo rende in grado di accomodare elevati incrementi di volume
senza grosse variazioni di pressione; infatti è una efficiente volume
displacement pump. In pieno esercizio fisico la pressione atriale destra
raramente raggiunge i 10 mm Hg partendo dai 5 normalmente registrati a
riposo. Ugualmente l’albero vascolare polmonare può sopportare grandi
variazioni di flusso con minime variazioni di pressione reclutando distretti
vascolari non perfusi e sovradistendendo quelli già impiegati. La frazione di
eiezione normale è intorno al 55%. Durante la fase di rilasciamento attivo il RV
continua ad eiettare stroke volume fino a quasi un terzo del suo valore totale;
questo spiega il breve rilasciamento isovolumetrico.
Normalmente RV funziona ad unstressed volume per cui modificazioni di
volume determinano solo variazioni della geometria senza modificazioni di
pressione, dunque in condizioni normali il preload del ventricolo destro non è
molto correlato con RVEDV. La deformabilità del setto e dunque la funzionalità
LV contribuiscono a determinare la funzione diastolica del RV. La legge di
Starling non è dunque univoca per il RV; esiste infatti una famiglia di curve P/V
del RV a seconda dello stato contrattile del LV. Normalmente il pericardio non
esercita alcuna influenza che invece compare negli importanti e rapidi
sovraccarichi di volume: la RVEDP, che riflette abbastanza il precarico, va
sempre corretta in pressione trasmurale (p. camera meno p. iuxta cardiaca).
La capacità accomodante del ventricolo destro permette dunque cambiamenti
grossolani nel ritorno venoso sistemico senza che si alteri il gradiente per tale
ritorno venoso tenendone bassa la back pressure. Dall'altro lato, poiché in
condizioni normali l'output ventricolare destro deve essere uguale all'entità del
ritorno venoso, l'omeostasi pressoria viene garantita dalle capacià di
accomodazione già citate dell'albero arterioso polmonare.
La ventilazione a pressione positiva viene ad interagire in questo complesso
sistema alterando il gradiente per il ritorno venoso sistemico e dissociando il
rapporto tra pressione atriale destra e pressione di riempimento ventricolare
destro. Gli effetti di riduzione del precarico di RV e dunque della gittata cardiaca
sono proporzionali all'entità della ITP o PEEP.
La struttura muscolare del ventricolo destro lo rende inabile a sostenere
improvvisi incrementi del post carico. Infatti uno dei meccanismi più frequenti
per l’innesco di una insufficienza ventricolare destra è dato dal brusco e
repentino incremento delle resistenze polmonari, combinate con una riduzione
della riserva contrattile ventricolare dx. L’incremento delle PVR comporta un
aumento della tensione della parete libera con incremento del consumo di
ossigeno e scomparsa della componente sistolica del flusso coronarico. Le
pressioni RAP e RVEDP aumentano determinando, insieme con il ridotto flusso
in atrio sinistro, una riduzione del riempimento ventricolare sinistro successiva
allo shift del setto interventricolare (competition). Il risultato generale è una
riduzione della gittata cardiaca (ridotto riempimento di LV a causa dell'afterload
mismatch di RV) (series interaction) e della pressione in aorta con
peggioramento dell’ischemia ventricolare destra.
Il sovraccarico pressorio acuto è deleterio in quanto il ventricolo destro non è in
grado di sostenere acutamente incrementi elevati di pressione; per valori
sistolici imposti acutamente di 50 mm Hg si assiste ad una riduzione quasi a
zero dell’output ventricolare destro (solo pressure work con poco flow work). La
ventilazione a pressione positiva con valori elevati di incremento della ITP può
configurare un simile scenario. La PEEP determina, a valori elevati, riduzione di
CO, per riduzione del ritorno venoso e tamponamento dei capillari polmonari. Gli
effetti della pressione positiva sulla funzionalità cardiaca dipendono dall’iniziale
volemia del paziente; la rimozione della PEEP comporta il ritorno in gioco di una
extra quantità di volume che può determinare una distensione cardiaca acuta
con edema polmonare
Ventricolo sinistro
Normalmente le pressioni intrapericardica ed intrapleurica sono eguali,
oscillando tra i -3 mmHg alla fine dell’espirazione ed i -6 mm Hg al culmine
dell’inspirazione.
Durante incremento delle pressioni extracardiache la distensibilità di ogni
ventricolo e la relazione tra ventricolo ed il suo reservoir determinano il risultato
netto su pressione intracavitaria e volume. Quando la pressione intrapleurica
supera i 12-15 mm Hg la pressione cade in ambedue i ventricoli. Il LV è meno
compromesso durante l’incremento della pressione intrapleurica perchè
“l’altezza” del suo reservoir intratoracico viene incrementata dello stesso grado
di quella esterna che circonda il LV. Il RV è invece egualmente suscettibile agli
incrementi della pressione intrapleurica ed intrapericardica.
Aumenti della ITP comportano riduzione della volemia intratoracica provocando
un aumento parallelo nella RAP e riduzione del gradiente per il ritorno venoso.
Se la caduta del flusso ematico è prolungata alla fine si riduce LVEDV con
riduzione della CO. Il LVEDV può essere ridotto anche a causa della
sovradistensione polmonare con incremento delle PVR e compressione del
cuore nella fossa cardiaca. Nei pazienti con core pulmonale sottoposti a IPPV,
durante l'insufflazione, per riduzione del ritorno venoso e dunque temporanea
riduzione di RVEDV, verrà istantaneamente incrementata la compliance
diastolica di LV, con aumento di LVEDV e di SV e pressione arteriosa (polso
paradosso invertito).
Il wall stress è il prodotto tra la pressione trasmurale del ventricolo sinistro
(LVESP meno la pressione intrapleurica) ed il raggio del ventricolo sinistro,
normalizzato per lo spessore della parete ventricolare. Lo stress massimale si
verifica alla fine della sistole isometrica e dipende dalla pressione aortica
diastolica e dal volume telediastolico ventricolare sinistro.
Incrementi di ITP (e della pressione intrapleurica) riducono la pressione di
eiezione trasmurale del ventricolo sinistro e dunque l'afterload. Quando la
funzione del LV è normale, l'incremento di ITP diminuisce CO per riduzione del
riempimento di LV; quando la funzione ventricolare sinistra è deteriorata,
sebbene l'aumento di ITP diminuisca la pressione di riempimento di LV, CO
aumenta pochè la diminuzione di postcarico di LV predomina fintanto che
LVEDV rimane sopranormale.
La manovra di Valsalva è un classico esempio di incremento della ITP e
esemplifica gli effetti della ventilazione con PEEP; il postcarico ventricolare
sinistro diminuisce ma l’aumento dell’eiezione viene limitato dalla riduzione del
ritorno venoso al cuore destro (preload-limited).
La manovra di Muller (inspirazione forzata a glottide chiusa, diminuzione della
ITP) produce effetti diametralmente opposti, incrementando il ritorno venoso
sistemico, la volemia intratoracica, il volume telediastolico ventricolare sinistro
ed il postcarico ventricolare sinistro. Analogo emodinamica della manovra di
Muller è l'aumento dello sforzo inspiratorio spontaneo in caso di pneumopatia
ostruttiva e restrittiva. . Lo svezzamento dalla ventilazione a pressione positiva
che comporta una riduzione della ITP rappresenta sempre un stress test
cardiovascolare e può decompensare una funzione ventricolare sinistra
borderline.
L’analisi delle modificazioni dell’onda arteriosa durante la ventilazione
meccanica permette di esprimere una valutazione del precarico e la risposta
del sistema cardiovascolare ad un carico di volume. Il principale effetto
emodinamico dell’aumento della pressione intratoracica è la transitoria riduzione
del riempimento ventricolare destro e successivamente di quello sinistro con
riduzione della pressione arteriosa, denominata dDown (delta down). Il dDown è
misurato come differenza tra la pressione sistolica, rilevata durante un breve
periodo di apnea ed il valore minimo della stessa durante il ciclo di ventilazione
meccanica. Il dDown è un indicatore abbastanza accurato di ipovolemia o in
alternativa di riduzione della compliance toracopolmonare, impiego di volumi
correnti elevati, presenza di air trapping
Il dDown è preceduto dal dUp che è un incremento della pressione sistolica che
normalmente compare all’inizio dell’insufflazione meccanica del polmone ed è
dovuto ad un transitorio incremento del ritorno venoso polmonare secondario
allo squeezing ematico esercitato dall’incremento della pressione intratoracica.
L’entità del fenomeno dipende dal volume ematico polmonare ed è tanto
maggiore quanta più parte del polmone si trova in zona 3. La differenza totale
tra il valore sistolico minimo e massimo ottenuti durante un ciclo di ventilazione
meccanica viene denominata Systolic Pressure Variation (dDown+dUp). E’
necessario comunque evidenziare quale delle due componenti sia implicata
nella casualità di una elevata SPV; il dDown è una misura della responsività al
riempimento mentre il dUp è una misura dell’aumento dello stroke ventricolare
sinistro. E’ possibile effettuare un test, nei pazienti ventilati meccanicamente,
modificando in 4 atti respiratori successivi e contigui la pressione di ciclaggio,
ogni volta, di 10 cm d’acqua. Normalmente volumi tidal elevati comportano una
riduzione più marcata del ritorno venoso e dunque dello stroke ventricolare
sinistro e della pressione sistolica. La pendenza della linea che congiunge i 4
valori minimi di pressione sistolica esprimerà, se molto ripida, una situazione di
ipovolemia, se invece quasi piatta, una situazione di ipervolemia e/o
insufficienza cardiaca.
Gli argomenti suaccennati sono accompagnati da risoluzione e commento di
casi clinici, da simulazioni computerizzate dei tracciati ottenuti dal monitoraggio
emodinamico, da valutazioni di situazioni cliniche reali in cui i patecipanti sono
chiamati direttamente a dare il loro contributo critico.
Beniamino Procaccini
Direttore Scientifico del Corso