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Sanità, precipita il modello Piemonte

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Sanità, precipita
il modello Piemonte


Vi abbiamo scelto questo articolo per capire sempre più cosa non va nella sanità.
Da Nord a Sud

Il verdetto di uno studio nazionale sulla qualità dei servizi: inefficiente. Una sala operatoria su quattrro è fuorilegge. Solo metà degli infartuati trattata con angioplastica
di OTTAVIA GIUSTETTI


NON solo il piano di rientro nazionale e gli arresti dell'assessore e dei suoi fedelissimi impongono oggi al Piemonte una importante riorganizzazione della Sanità. Anche i dati che arrivano da uno studio dell'Agenas, l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che analizza, ospedale per ospedale in tutta Italia, le condizioni strutturali e soprattutto l'efficienza dal punto di vista clinico, infliggono un durissimo colpo al modello sanitario piemontese mettendolo per molti aspetti a livelli medio-bassi della classifica del Paese, e comunque quasi mai insieme a Lombardia, Toscana, Emilia e Veneto, le regioni in assoluto più virtuose.

Qualche esempio. Una sala operatoria su quattro in Piemonte è fuorilegge: il 24 per cento delle strutture che vengono utilizzate per gli interventi chirurgici, è inadeguato rispetto ai requisiti minimi normativi. Parlando di prestazioni, invece, risulta dai dati nazionali che solo il 50 per cento dei pazienti vittime di infarto viene trattato con angioplastica, la terapia post infarto più efficace sotto tutti i punti di vista. Con una forbice di differenza di trattamento molto ampia sul territorio, un fatto grave che comporta pesanti differenze di trattamento della malattia tra cittadini che contribuiscono in misura uguale alla spesa sanitaria regionale.

Sempre parlando di prestazioni, il dato che riguarda le fratture del femore e il loro decorso è piuttosto preoccupante: il 70 per cento di questi traumi su pazienti anziani non viene operato entro le 48 ore consigliate, con gravi ripercussioni di invalidità permanente e addirittura di mortalità. Molti non sanno, infatti, che per le donne anziane per esempio il tasso di mortalità per frattura femorale è pari se non superiore a quello per il cancro al seno. Quando non si opera per ridurre la frattura entro due giorni dal trauma, le conseguenze possono rivelarsi gravissime con ricadute pesanti anche sui costi della sanità. Ancora un dato che riguarda invece anomalie inspiegabili nell'organizzazione di alcune strutture: la colecistectomia laparoscopica è uno degli interventi più praticati in assoluto. Non ha più efficacia del medesimo intervento fatto con la tecnica tradizionale, salvo il fatto che dovrebbe avere un tempo di degenza molto più breve. In realtà, più del trenta per cento dei pazienti operati in laparoscopia ha un tempo di ricovero superiore ai quattro giorni.
Infine, perdurano a macchia di leopardo casi di ospedali che hanno numeri così bassi da risultare addirittura pericolosi per i pazienti, oltreché antieconomici. Secondo tutte le evidenze internazionali esiste una soglia al di sotto della quale non è possibile scendere per mantenere un livello di efficienza quantomeno accettabile. Risulta dai dati dell'Aress che ci sono ospedali, come quello di Ceva, che lo scorso anno hanno fatto solo due interventi per tumore al pancreas o altri che ne hanno fatto uno nel 2010 per tumore al polmone o le quattro strutture (Ovada, Venaria, Valle Belbo e Ceva) che sempre nel 2010 hanno fatto meno di dieci interventi di protesi d'anca.

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